“Proprio quando credi di aver visto il peggio che un essere umano possa offrirti, scopri di esserti sbagliato.
Non esiste un limite al male.” Holly – Stephen King.
Una delle cose che spesso tendiamo a ignorare è che alcuni, prima di essere scrittori, sono anche dei grandi lettori.
È sicuramente il caso di Stephen King che ha voluto dedicare un libro a un personaggio creato dalla sua penna: Holly Gibney.
Avevamo conosciuto questa piccola, fragile ma grande donna nella trilogia di Mr. Mercedes, e noi, come King, ce ne siamo innamorati.
Per sua stessa ammissione, Holly doveva essere un personaggio secondario, legato a Janey che muore in un attentato ma poi, pian piano, si prende la sua scena.
Stephen King l’ha caratterizzata come una donna che soffre di un disturbo ossessivo compulsivo con un forte complesso di inferiorità che vengono tenuti a bada dai medicinali.
È una donna che osserva molto, e il suo punto di vista è filtrato dal fatto della sua innocenza.
Ha una memoria prodigiosa ed è un portento con il computer.
Inizialmente la vediamo come donna con seri problemi sociali a causa anche di una madre narcisista che farà di tutto per vederla fallire.
L’incontro con Bill Hodges le cambierà totalmente la vita, facendole credere che, invece, ha un talento che potrebbe mettere a frutto e renderla capace di vivere nel mondo come molti altri.
Se devo essere onesta, i libri che del Re che amo di più sono quelli in cui si sofferma sull’orrore dell’essere umano comune e Holly non fa eccezione.
Totalmente calato in una realtà segnata dal Covid ma anche dai negazionisti, di coloro che si fidano delle bugie che Donald Trump va dicendo agli americani.
Molto spesso mi sono ritrovata nello sdegno di Holly quando lei pensa che sua madre è morta per aver creduto che il Covid non esiste e per non aver preso le precauzioni necessarie.
É una storia fatta di mascherine, di attività che si tengono a malapena a galla, di gente che nega l’evidenza, di mostri comuni, appunto, ma anche di rabbia, di sdegno e di bellezza.
Tutto inizia dal grido disperato di una madre che ingaggia Holly per scoprire che cosa è successo a sua figlia Bonnie Rae Dahl, scomparsa improvvisamente il 1° luglio 2021.
Durante le indagini l’investigatrice scopre che potrebbe esserci un’altra scomparsa misteriosa e questo comincia a mettere in allarme il suo istinto, facendole pian piano intuire una realtà che è molto peggio di quanto lei già abbia avuto modo di vivere.
I colpevoli di queste sparizioni ci vengono dimostrati sin da subito nel libro e il loro operato è tanto meticoloso quanto agghiacciante.
Difatti, quando la stessa Holly lo scoprirà si ritroverà a urlare: “ora come lo dico?”
É qualcosa di atroce, qualcosa dettato dalla semplice follia umana.
Come ho detto prima però oltre all’orrore c’è spazio per la bellezza e questo viene fuori grazie alla poetessa Olivia Kingsbury, che prende sotto la sua ala Barbara, sorella minore di Jerome amici di Holly.
La parte in cui Olivia cerca di far affiorare il talento della pupilla, anche iscrivendola a uno dei maggiori concorsi letterari per la poesia, mi hanno trasmesso una sorta di speranza.
In mezzo a tanto orrore, a tanta grettezza umana, l’unica forza che abbiamo è affidarci alla bellezza della cultura e della parola scritta.
Per quanto io sarei felice di rivedere Holly Gibney popolare le pagine di un’altra opera del Re, dubito che la rivedremo facilmente.
Lei ha fatto i conti con il suo passato, con il rapporto tossico con la madre e ha fatto una scoperta che la porta a rivedere tutta la sua esistenza, a causa di una cocente bugia che non era altro che l’ennesimo tentativo di una narcisista per tenere legata la figlia.
Con la morte di Charlotte Anne, Holly è finalmente libera dai fantasmi, libera di decidere cosa vuole fare della propria vita.